Cosa sarebbe la vita senza un biscotto per iniziare bene la mattina, per coccolarsi a fine giornata o festeggiare un’occasione speciale?
Ci sono verità che non hanno tempo. Da sempre, ogni famiglia ha una manciata di ricette di biscotti chiusa nel cassetto da tirar fuori al momento opportuno.
Ma quali sono quelle che più spesso ricorrono nelle famiglie liguri, frutto di innumerevoli tentativi e generatrici di infiniti momenti felici? Scopriamole insieme, in un nuovo viaggio alla scoperta delle cose buone della mia Liguria. Come sempre, democraticamente percorriamo ove possibile l’arco ligure, da Ovest ad Est.
In tutto il ponente ligure (e in special modo a Ventimiglia, Castel Vittorio, Camporosso, Pigna) puoi gustare le Cubaite (dette anche ubrin). Si tratta di un dolce composto da due cialde sottilissime di ostia che racchiudono un ripieno piuttosto duro a base di frutta secca, scorze di arance e miele. È un dolce probabilmente dalle lontane origini orientali (il nome deriverebbe dalla parola araba qubbat che significa mandorlato) di cui se ne trovano versioni simili anche in Sicilia. Non dobbiamo dimenticare, del resto, che sulla costa ligure di Ponente, come in Sicilia, le invasioni saracene furono nei secoli pesantissime. Come i corzetti levantini le Cubaite possono essere incise tramite pinze a dischetto, ottenendo disegni e stemmi sulla loro superficie.
Anche le Castagnole di Ventimiglia ricordano vagamente l’oriente. Sono un dolcetto unico nel suo genere: marrone scuro, dalla forma di castagna, hanno un gusto molto particolare dato dalle spezie che lo caratterizzano tra cui caffè, cioccolato, chiodi di garofano, cannella e acqua di fiori d’arancio. Pur essendo un dolce tradizionale oggi è molto raro trovarle, solo un paio di pasticcerie di Ventimiglia le sfornano ancora regolarmente.
Ad Alassio si producono dai primi del 1900 i Baci di Alassio (anche conosciuti come baci della Riviera). Hanno la tipica forma del bacio – due semisfere unite da una crema al cioccolato – ma sono color nocciola scuro/cioccolato. L’impasto infatti è composto da nocciole e cacao.
Furono creati da Rinaldo Balzola, pasticciere della Real Casa Savoia, ad inizio novecento come souvenir gastronomico per i primi turisti internazionali che visitavano Alassio. Nel suo Caffè pasticceria Balzola nel centro di Alassio, oggi locale storico d’Italia, è ancora possibile assaggiare ed acquistare questi famosi dolcetti spesso freschi di giornata.
Leggerissimi e che oggi si possono vantare di essere vegani, ci sono i Chifferi di Finale, biscotti tradizionali di tutto il finalese. Hanno la forma di una mezzaluna e sono preparati con farina di mandorle, albume d’uovo, zucchero e acqua di fiori d’arancio amaro. Il nome probabilmente deriva dall’arabo kefir che significa luna, così come molto probabilmente è di origini arabe la ricetta stessa che prevede l’uso di frutta secca.
Si chiamano Amaretti (anche se amari non sono) perché il loro gusto inconfondibile è dato dalle mandorle amare o armelline (sono il seme dell’albicocca). Sono il dolce forse più diffuso nel nord Italia e in Liguria ne abbiamo almeno tre varietà degne di nota. Primi tra tutti gli Amaretti di Sassello (nell’entroterra di Savona) dalla forma rotonda e dalla consistenza molto morbida data dalle chiare d’uovo montate a neve nell’impasto. La ricetta risale alla fine dell’800 ad opera della signora Gertrude, proprietaria dell’omonima osteria a Sassello, che li rese poi famosi nel mondo con il marchio di amaretti “Virginia”.
Troviamo poi gli Amaretti di Rocchetta, prodotti ancora oggi solo manualmente nel laboratorio della famiglia Buttiero a Cairo Montenotte (sempre entroterra di Savona). Mentre, all’interno di Imperia si sfornano gli Amaretti di Gavenola, sempre tondi e leggermente schiacciati.
Nelle valli dietro Arenzano, nel Parco del Beigua, sono famosi i Crumiri di Masone. Come i celebri Krumiri Piemontesi anche quelli di Masone sono biscotti a base di farina di mais macinata finissima (anche nota come “fioretto” e in dialetto ligure “meliga”), farina di grano, burro e zucchero. A differenza dei piemontesi però non hanno uova ma latte e, come molti dei dolci liguri, sono aromatizzati con scorza di limone.
A Genova e La Spezia, sulla costa e sull’entroterra, da secoli si producono i Biscotti del Lagaccio, veri e propri bis – cotti (perché cotti due volte) da prima colazione. Hanno la caratteristica forma a fetta di pane. Sono conosciuti anche come Biscotti della Salute. Si chiamano così perché il laboratorio artigianale che per primo iniziò a produrli a Genova era situato nella zona detta del Lagaccio, tra i quartieri alti di Ganarolo e Oregina, dove a metà del ‘500 Andrea Doria fece costruire un lago artificiale per alimentare di acqua il suo palazzo, opera che non piacque al popolo genovese, da cui il soprannome dispregiativo lagaccio. Originariamente erano fette di pane dolce biscottate ideali per essere conservate a bordo delle navi per lunghi periodi. Simili ai biscotti del Lagaccio per forma e procedimento (doppia cottura) sono i Biscotti di Gavenola, prodotti con farina di semola nei panifici della Valle Arroscia, entroterra di Imperia, e i Biscotti di Taggia, originariamente offerti in chiesa durante la settimana santa di Pasqua (da cui anche il nome bescheutti da quaeixima: biscotti di quaresima) e dal leggero gusto di finocchietto.
Poi ci sono i Gobeletti (o cobeletti). Sia la Riviera di Levante che quella di Ponente ne rivendicano la paternità. Nel Golfo del Tigullio si chiamano “cubeletti”, nel finalese “gobeletti”. Si tratta di piccole tortine di pastafrolla a forma di coppetta chiuse da un “cappello” (cobeletto, in dialetto ligure). All’interno il ripieno è generalmente di marmellata. Le ricette tradizionali del levante parlano di marmellata di mele cotogne. Quelle del ponente di marmellata di chinotto.
I vecchi libri di cucina genovese, tra cui La Vera Cuciniera Genovese del Ratto, suggeriscono anche di riempirli con crema pasticcera. In passato erano i dolci tipici del giorno di Sant’Agata, il 5 febbraio, oppure riservati per le occasioni speciali, Natale incluso.
Soprattutto a Genova, si trovano gli anicini. Biscotti “da inzuppo” friabili e leggeri, anche grazie all’assenza di burro. Una volta erano i protagonisti delle merende nelle famiglie più importanti, spesso in coppia con il rosolio, oppure dei pranzi di Natale. Per farli servono uova, farina, zucchero e semi di anice. Anche questi sono veri e propri bis-cotti: l’impasto viene diviso in filoni che, una volta cotti, vengono tagliati a fette e poi nuovamente infornati fino a completa doratura.
Documentati a partire dal 1700, i Canestrelli (o canestrelletti) sono un dolcetto di pastafrolla friabile a forma di fiore con un foro al centro. Numerosi paesi dell’entroterra di Genova ne rivendicano la paternità, in particolare Torriglia, Santo Stefano d’Aveto, Avosso e l’Acquasanta. Questi ultimi presentano sulla superficie zucchero a velo in grani.
A Montoggio, invece, si producono i canestrelli di castagne, una versione povera del canestrello che vede impiegata la farina di castagne – per risparmiare sul frumento – miele come dolcificante e pochissimo burro.
Le Ruette di Borzonasca (entroterra di Chiavari), infine, sono grandi biscotti a base di pasta frolla dalla caratteristica forma a rotella, rotonda e dentellata ai bordi, dall’impasto consistente ma friabile e ricoperti da abbondante zucchero a velo. Il procedimento di lavorazione e la ricetta si tramandano ormai da più di tre generazioni e si possono gustare presso la Pasticceria Macera.
Adesso non resta che mettersi su l’acqua per un te!