Acqua di fiori di arancio amaro: nobile essenza di Liguria

 

L’arancio amaro arriva da lontano. E’ nato nell’Asia sud orientale e, seme dopo seme, ha attraversato l’Oman, la Persia e l’Egitto per arrivare nell’anno 1000 sulle coste del Mediterraneo Arabo (in Marocco, Algeria, Tunisia e Libano). Nel corso delle crociate, poi,  Francesi e Genovesi ne hanno scoperto la bellezza, i frutti d’oro e fiori bianchi dalla fragranza sublime e se lo sono caricato sulle navi e portato a casa per impreziosire i loro nobili giardini.

Così l’arancio amaro è arrivato in Provenza e in Liguria ed ha deciso di restare e prosperare. Nel 1500 gli agrumeti  della costa ligure erano così estesi che erano famosi in tutto il mediterraneo ed erano chiamati “i giardini delle Esperidi Liguri”. In primavera, poi, il profumo dei fiori d’arancio amaro era così intenso che passando al largo della costa di Bordighera i naviganti riuscivano addirittura a percepirlo dal mare.

Ed è nel 1700 che  proprio in questa zona, tra Sanremo e Ventimiglia – zona dal clima particolarmente mite  –  fiorì l’attività di distillazione dei fiori d’arancio da cui si ottenevano l’acqua di fiori di arancio e l’olio essenziale, il neroli.

Un profumo così pregiato e sensuale, quello dei fiori d’arancio amaro, che conquistò la nobiltà del tempo.  Pare che la regina Maria Antonietta facesse ogni giorno il bagno in acqua aromatizzata ai fiori d’arancio e che profumasse con quest’essenza tutti i lini del guardaroba reale.

Anna Maria Orsini di Bracciano, principessa di Nerola, invece, a quel tempo aveva lanciato in Italia la moda di profumare i propri guanti con l’olio essenziale di fiori d’arancio, e da qui in suo onore il nome di neroli.

E anche la nostra elegante e sofisticata Regina Margherita di Savoia, che visse lunghi periodi non solo di villeggiatura a Bordighera, non perdeva mai l’occasione per fare una gita a Vallebona a far rifornimento di acqua profumata e neroli. Il suo amore per questa essenza era così noto che in onore di Sua Maestà i pasticceri della zona inventarono i “biscotti della regina”, una pasta savoiarda profumata proprio con acqua di fiori di arancio.

Non solo nell’universo dei profumi ma anche in  pasticceria l’ acqua di fiori di arancio si conquistò per più di due secoli un posto d’onore, caratterizzando moltissimi dolci tradizionali tanto liguri ( tra cui il pandolce genovese, i quaresimali, la focaccia dolce e i ravioli dolci, i chifferi di Finale, i rundi di Vallecrosia e le bugie di Vallebona), quanto napoletani (la pastiera), siciliani (la cassata) e provenzali (le madleine e le fugassette de Grasse).

 

Nell’800  nell’entroterra di Bordighera non c’era giardino, fascia o crinale che non ospitasse un filare di aranci amari. Quando arrivava la stagione della raccolta (tra fine aprile ed inizio giugno) tutte le donne della zona si mettevano a raccogliere a mano i fiori d’arancio. Arrivavano fanciulle – dalle mani piccole e delicate, perfette per la raccolta –  anche dai paesi vicino e dal basso Piemonte.

I fiori, raccolti al mattino presto e solo quelli appena schiusi, venivano fatti cadere su candidi teli bianchi tesi sotto agli alberi. Poi le montagne di candidi petali venivano caricate in grosse casse di legno e portate in paese in groppa agli asini, perché non c’erano strade ma solo mulattiere.

raccolta dei fiori di arancio amaro a Vallebona

A valle, in un grande magazzino comune, tutti i produttori di fiori facevano confluire il loro raccolto che da qui veniva smistato nelle tre principali distillerie della zona  per diventare acqua di fiori di arancio e neroli. Erano giorni di duro lavoro ma anche giorni di festa, di amicizie e di fidanzamenti.

Il commercio dell’”aiga nafra”, come veniva chiamata in zona, e del prezioso neroli erano così fiorenti che su di loro si basò per più di un secolo l’economia dell’intera zona.

Il museo de La Vecchia Distilleria a Vallebona

raccolta dei fiori di arancio amaro a Vallebona

Poi a metà del  1900 l’industria chimica – che sintetizzava aromi senza sforzo e a basso prezzo – prese il sopravvento e l’interesse per l’ acqua di fiori di arancio naturale andò via via diminuendo. A questo si aggiunsero tre terribili gelate (nel 1969, 1970 e 1985) che distrussero letteralmente tutte le piante d’arancio amaro della zona, per cui nel 1985 anche l’ultima distilleria che era rimasta attiva,  la distilleria Guglielmi Bernardo fu Pietro e Figli, con sommo dolore del proprietario chiuse i battenti.

Fortunatamente però 7 anni fa il giovanissimo Pietro, sesta generazione della famiglia Guglielmi, ha deciso di mettersi alla ricerca di alberi di arancio amaro sopravvissuti alle gelate e ne ha trovati ben due. Ha fatto molti innesti, investito tante speranze e con l’aiuto dei suoi familiari ha ricominciato da zero la storica attività di famiglia intrapresa nel lontano 1856.

raccolta dei fiori di arancio amaro a Vallebona

Oggi Pietro coltiva con metodo biodinamico vari aranceti sulle alture di Vallebona, nella località Castelan, e nella sua Vecchia Distilleria distilla  nuovamente i fiori d’arancio, con tecniche solo naturali, proprio come una volta.

I fiori appena raccolti vengono versati in un grande recipiente d’acciaio dove passa il vapore che, salendo tra i fiori, ne cattura dolcemente le proprietà essenziali. Il vapore viene poi fatto condensare attraverso una serpentina d’acqua fredda e precipita in un vaso dal becco lunghissimo chiamato vaso fiorentino. Qui l’acqua e l’olio essenziale si separano naturalmente: l’olio, più leggero, galleggia e viene aspirato con una cannula di vetro per essere subito imbottigliato. L’acqua, invece, viene fatta decantare per almeno due settimane prima di essere messa in bottiglia.

Per ogni chilogrammo di fiori d’arancio Pietro ottiene circa 2 litri di acqua e solamente 1 ml di neroli (per questo il neroli è una delle essenze più pregiate e ricercate in profumeria).

 

distillazione dei fiori d'arancio amaro

Il coraggio e la determinazione di Pietro nel riportare in vita un eccezionale prodotto locale praticamente ormai estinto è stato riconosciuto e supportato anche da Slow Food, che ha deciso di tutelarlo includendo l’acqua di fiori d’arancio amaro tra i presidi Slow Food della Liguria.

 

fiori d'arancio amaro

 

Come utilizzare l’ acqua di fiori di arancio:

Prendendo spunto anche dalla storia, ecco alcune idee su come utilizzare l’ acqua di fiori di arancio amaro:

  1. In cucina, per aromatizzare torte, panne cotte, gelati, macedonie di frutta, insalate, tisane e cocktails. Gli usi in cucina sono davvero così tanti e gli abbinamenti di sapori danno risultati tanto diversi e sorprendenti che varrebbe la pena scriverci un libro. A Vallebona tradizionalmente la raccolta dei fiori d’arancio veniva festeggiata preparando le bouxie (o bugie). Io ho provato a farle e questo è il link al mio post con la ricetta delle bouxie di Vallebona all’acqua di fiori d’arancio.
  2. Come tonico per la pelle. L’acqua di fiori di arancio – quella naturale ovviamente – ha favolose proprietà astringenti oltre che lenitive.
  3. Sciolta nell’acqua per un bagno rilassante come faceva la Regina Maria Antonietta. L’acqua di fiori d’arancio è conosciuta, infatti, per le sue proprietà calmanti e lenitive, tanto che in Francia è usata in molti prodotti per la prima infanzia.
  4. Come alternativa naturale per profumare gli ambienti. Basta aggiungerne un cucchiaino in una pentola d’acqua bollente e il vapore che si sprigionerà profumerà tutta la stanza. Se la metterete in camera da letto avrà un effetto calmante e rilassante.
  5. Nell’acqua del ferro da stiro per profumare la biancheria, come la regina Maria Antonietta.
  6. Qualche goccia in un bicchier d’acqua per far passare il mal di stomaco o l’insonnia. La dinamica nonna novantenne di Pietro Guglielmi, quando ho partecipato alla raccolta dei fiori, mi ha raccontato che in paese a Vallebona l'”aiga nafra” veniva usata praticamente per tutto, specialmente per far passare il mal di pancia ai bambini, oppure per farli addormentare (ed effettivamente sono note le proprietà anti-nervine e leggermente ipnotiche di quest’essenza).

 

 

raccolta dei fiori di arancio amaro

 

Ciao! I’m Enrica

a home cook, food researcher and experience curator bred and born in Liguria.
I study, tell, cook, share and teach Ligurian cuisine and the culture surrounding it.
Here we celebrate Liguria’s gastronomic diversity and richness through its recipes, producers, traditions and shops.

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