Quando nasce il rito tutto italiano di consumare un amaro a fine pasto? E come si prepara la tradizionale torta di nocciole Misto di Chiavari?
Questo è quello che ti racconto con il post di oggi, un post che inaugura la mia collaborazione con il Nuovo Liquorificio Fabbrizii.
Una realtà giovane, fortemente legata alla Val d’Aveto e all’entroterra di Chiavari, che ha riportato in auge l’attività del bisnonno Giovanni Fabbrizii, famoso liquorista e caffettiere Genovese dei primi del 900, dopo aver riscoperto nascoste in un vecchio baule la segretissima ricetta scritta a mano e le originali etichette del rinomato Amaro Fabbrizii.
Attraverso la loro storia e i loro prodotti da qui in avanti ti racconterò (ancora più spesso) del mio amato entroterra Ligure e delle nostre tradizioni legate alla cucina e al buon bere.
Le origini del rito dell’ammazzacaffè.
Ho pensato che fosse interessante (anche per me) iniziare l’avventura con il Nuovo Liquorificio Fabbrizii facendo alcune ricerche su quando e dove ha avuto origine la tradizione italiana di sorseggiare un bicchierino d’amaro a fine pasto, quello che comunemente chiamiamo l’ammazzacaffè.
Ebbene, ho scoperto che le origini sono molto antiche e precedono l’introduzione del caffè in Europa (i primi bar caffè aprirono, infatti, intorno alla fine del 1600).
Nel Medioevo l’arte liquoristica degli infusi era ben nota a farmacisti e monaci (principalmente benedettini) per finalità curative, ma la grande diffusione del rito di consumare un amaro a fine pasto si deve a Caterina De’ Medici, grande gourmande e consorte del re di Francia Enrico II, che dal 1523 portò alla corte di Parigi alcune produzioni dei liquoristi italiani per chiudere in bellezza i banchetti reali.
Allora era infatti abitudine proprio di nobili e aristocratici (soprattutto di sesso maschile, la regina non conta), terminata la cena di alzarsi da tavola e spostarsi in un’altra stanza per continuare a discutere fumando sigari e assaporando liquori come cognac o brandy.
Dal 1700, poi, grazie a importanti scoperte scientifiche sulle tecniche di fermentazione e sui processi produttivi dello zucchero, l’industria liquoristica ebbe una grande espansione rendendo l’Italia, la Francia e l’Olanda i principali produttori di liquori in Europa.
E come sempre accade questa abitudine lentamente passò dalle case della nobiltà a quelle del popolo, inizialmente solo per le grandi occasioni.
Comunque, fu solo con l’arrivo del caffè sulle tavole degli italiani che il rito di sorseggiare un bicchierino di amaro a fine pasto prese il nome di “ammazzacaffè”, per pulire appunto il palato dal gusto del caffè. Ci sarebbe da domandarsi se i primi caffè della storia fossero poi così piacevoli se addirittura c’era bisogno di ammazzarne il sapore!
Al giorno d’oggi questa finalità per noi italiani – amanti del caffè quali siamo – è certamente venuta meno. Tanto più se all’amaro si abbina un caffè che ne esalta i sapori, come il Caffè 8 note, un’arabica naturale coltivata in Uganda selezionato apposta dall’espero di caffè Filippo Vescovi per sposarsi con l’Amaro Fabbrizii.
Oggi l’”ammazzacaffè” è bevuto perché dona un senso di leggerezza a fine pasto, auspicabilmente facilitando la digestione grazie alle virtù medicinali delle piante cui i liquori sono prodotti, e perché spesso lascia a lungo il palato ricco di sapori.
Ma soprattutto, penso io, lo scopo non troppo velato di noi italiani nell’offrire o ordinare un liquore a fine pasto è quello di prolungare il tempo delle chiacchiere a tavola e nutrire la nostra innata convivialità!
(L’elegante tazzina da caffè che vedi in foto è una riproduzione fedele di quelle “Belle epoque” che venivano utilizzate nello storico caffè della famiglia Fabbrizii, realizzata e dipinta a mano dalla ceramista genovese Ilaria Tornesino).
La torta di nocciole Misto Chiavari
Ma andando sempre più a ritroso, se prima di un ottimo amaro ci vuole un ottimo caffè, prima di un ottimo caffè che cosa ci vorrà? Appunto, un’ottimo dolce! Magari una torta il cui sapore si sposi bene con quello morbido, caldo e speziato dell’Amaro Fabbrizii e che racconti un po’ di storia della Val d’Aveto con le cui erbe questo liquore è prodotto.
E così torta di nocciole ligure sia!
Si, perché la torta di nocciole è una ricetta tradizionale delle valli dell’entroterra di Chiavari, dove sin da tempi antichissimi (pare addirittura prima dei Romani) crescono spontaneamente diverse varietà di alberi di nocciole.
Nei secoli i contadini hanno imparato a selezionare le varietà migliori da far crescere a determinate altitudini e sui vari terreni per ottenere la resa migliore (non ci dimentichiamo che coltivare in Liguria non è proprio una passeggiata visto che la “campagna” è stata strappata alla montagna a suon di muretti a secco).
Così dal medioevo la coltivazione della nocciola è stata una delle risorse economiche più importanti del territorio. E proprio perché diverse varietà confluivano tutte a fondo valle nella città costiera più grande per essere da lì commercializzate, queste nocciole prendono il nome di Nocciole Misto Chiavari
Recentemente è nata anche la Comunità Slow Food della Nocciola Misto Chiavari con l’obbiettivo di tutelare questo prodotto della tradizione ligure.
Se hai voglia guarda il bellissimo video qui sotto realizzato dalla Comunità Slow Food per raccontare la storia della nocciola Misto Chiavari!
Infine, qui sotto trovi la ricetta della Torta di Nocciole Misto Chiavari, è davvero semplicissima – tre ingredienti, come quelli che un tempo ci si poteva permettere – ma non per questo banale, vedrai!
Allegri!
(“allegri” è un vecchio saluto genovese, mi piace molto e ho deciso che chiuderò così i miei post!)
Ingredienti
- 250 g di nocciole tostate
- 150 g di zucchero semolato
- 4 uova
- Zucchero a velo per decorare
- (Per una tortiera da 20 cm di diametro)
Istruzioni
- Preriscaldate il forno a 180°C e imburrate una tortiera di 20 cm di diametro.
- Tritate finemente le nocciole tostate con un cucchiaio di zucchero preso dal totale (in questo modo gli oli delle nocciole non si ossidano per via del calore delle lame del frullatore) fino ad ottenere una pasta.
- Separati i rossi dalle chiare d’uovo.
- Aggiungete lo zucchero ai rossi d’uovo e frullate fino ad ottenere un impasto chiaro e spumoso, circa 3 minuti. Versatevi quindi la pasta di nocciole e mescolate delicatamente finché non si sarà completamente incorporata.
- Montate a neve ferma le chiare d’uovo. Unitele quindi all’impasto un cucchiaio alla volta mescolando delicatamente dal basso verso l’alto per evitare che le chiare si sgonfino.
- Cuocete nel forno statico per 20 minuti. Quando la tirate fuori, la torta deve risultare morbida e leggermente umida.
- Lasciate raffreddare e quindi decorate con abbondante zucchero a velo.